Category

isole

Category

Il Reef è il confine del violento contrastotra la miseria umana e la perfezione della natura…

Brucianti labbra arse al sole, secche e serrate. Lentamente faccio scorrere la lingua sulle screpolature soffermandomi su quelle più profonde… sapore del sangue in bocca, accenno un sorriso. Bocca impastata, deglutisco saliva mista a sabbia.
 
Il dannato vento del nord impera, inondando ogni baia, ogni costa, ogni duna. Occhi perennemente socchiusi si difendono dalla luce e dalla terra.
 
Aggrappati alla vita… sopravvivono le radici di solitari ed aridi cespugli, cani randagi assetati alla ricerca del nulla, cammelli esausti terrorizzati dalla presenza umana… e sguardi intrisi di fatica di beduini assieme alle braccia protese delle loro bimbe scalze che ti porgono il palmo della mano aperta.
 
Assetato e sterile suolo, arida tavola sabbiosa bruciata al sole, Deserto di anime, lembo di terra dimenticata da Dio. Non è luogo questo per uomini gentili.
 
Trionfa invece, qualche centinaio di chilometri a nord, la diabolica ed avida macchina del consumismo con resort lussuosi, piscine sempre pulite ed inservienti gentili e sorridenti… con le scarpe logorate dalla miseria. Inconsapevoli uomini si godono questo artificioso e falso eden.
 
Io sto nella terra di mezzo. Nell’eterno e labile confine tra paura e coraggio, tra agio personale e profondo senso di giustizia universale.
 
Sono complice … complice e comunque responsabile della distruzione di mia Madre Terra. La passiva omertà a cui mi sto unendo in questa sceneggiatura umana chiamata “società”, mi sta logorando interiormente.
 
Ogni volta che accendo una fottuta lampadina per illuminare una stanza di casa sto consumando petrolio … lo stesso che sta inquinando gli oceani… lo stesso che farà morire agonizzando il delfino, l’Angelo grigio con cui oggi vorrei nuotare. Odio i crimini commessi quotidianamente a Gaia, l’anima di nostra Madre Terra.
 
Mi rifugio quindi nell’eterna e benevola Bellezza della Natura facendomi nutrire da essa. Spalle al deserto, mi dirigo verso la costa… il Reef è il confine del violento contrasto tra la miseria umana e la perfezione della natura, tra l’acre colore del deserto e l’incantevole blu del mare.
 
Un tratto di costa incontaminato, illibato in cui mi immergo con profonda gratitudine e preghiera. Una Bellezza suprema, estatica… indescrivibile. Il mio primo incontro avviene su un fondo sabbioso a 5 metri di profondità con un’elegante ed enorme razza, più lunga di me, che si lascia avvicinare facendosi accarezzare dolcemente… le Ali.
 
@Qulaan Island ♢

Il Blu bilancia il fragile equilibriodella mia dimensione umana…

Ogni sera mi é dato di poter assistere e partecipare alla danza di calde cromie che si intrecciano mischiandosi come pennellate espressioniste… componendo quadri d’orizzonte con trame, forme e colori mai uguali.
 
Immagino con i miei sensi limitati di poter percepire solo schizzi periferici della tavolozza immensa dell’universo dipinta dall’estro del Creatore.
 
É commovente poter assistere a tutto questo… sentirsi così immensamente piccoli nell’osservare e così immensamente grandi nel dissolversi nell’opera maestosa di Madre Natura.
 
Al risveglio vista impastata verso l’orizzonte, ad un centinaio di metri dalla baia esplode fuori dall’acqua con un potente e giocoso salto un delfino lungo un paio di metri dal dorso argenteo scintillante. Il tempo rallenta si dilata all’infinito, ogni singolo fotogramma impresso in me, appena rientra in acqua tutto riprende a scorrere velocemente. Pinne e muta, in acqua di corsa. Vuoto. Non c’è più.
 
Ogni mattina immerso nel mare freddo e trasparentissimo della baia solitaria, nudo come un bimbo… il battesimo del nuovo giorno nelle acque cristalline della mia coscienza.
Il Blu bilancia il fragile equilibrio della mia dimensione umana.
 
Dopo l’estasiante tramonto precipito in un sonno profondo con la tenda aperta accarezzato dal vento del nord, illuminato dal bagliore diafano della mezza luna ed il calore di Pathos accanto a me.
 
Mi sveglia la melodia di una Berta a pochi metri dalla tenda, uccello che non appartiene a questa terra. Una dolce e melodica ninna nanna che ricorda la voce di un neonato… a ricordarmi di un altro piccolo lembo di terra disperso nel mediterraneo. Chiudo gli occhi sorridendo con l’anima pervasa da uno stato di grazia meraviglioso.
 
In questi momenti mi sento felice, leggero e ricco. Estremamente grato all’esistenza, al cielo e a mia Mamma.
 
@Donoussa Island ♢

Passai molto tempo, ad Amare quella meravigliosa creatura.Ero innamorato…

Una distesa immensa, azzurra e trasparente lambisce le coste sinuose di una piccola isola greca. La più tropicale delle isole dell’Egeo.
 
Ventisette anni fa fluttuavo leggero sulla superficie di queste acque cristalline che sembravano essere pervase da colori angelici. Lo sguardo assorto sulla mia sagoma riflessa a cinque metri di profondità, i raggi solari proiettati sul fondale animavano cristalli liquidi. 
 
Vidi un piccolo cumulo di conchiglie del diametro di un metro circa ed iniziai a scendere sul fondale attaccandomi ad una pietra guardando la sommità del cumulo. Scorsi una sorta di luce. Prendevo aria e scendevo nuovamente. Era un occhio… un bagliore di vita pulsava li dentro. Cosa mai poteva essere? Una sirena? Un mostro marino? Un animale raro?
 
Gli sguardi tra me e “Lei”, divennero sempre più intensi e ravvicinati… io a testa in giù con gli occhi a pochi centimetri dal cumulo di conchiglie.
 
In uno stato interiore di grazia immensa, immerso in quello sconfinato liquido amniotico che é il mare, in una dimensione onirica senza tempo e spazio… dimenticavo di dover respirare. Le contrazioni del diaframma mi destavano da quel torpore obbligandomi a salire ogni volta per recuperare aria in affanno.
 
Passai molto tempo, non so quanto, ad Amare quella meravigliosa creatura. Ero innamorato. Tra apnea estenuante ed aria da prendere in superficie.
 
Decisi di interrompere l’incantesimo togliendo delicatamente tutto il grumo di conchiglie. Volevo vederla.
 
Un polpo. Semplicemente un polpo. Di grandissime dimensioni, timido, ora sprotetto mi osservò incuriosito. Dopo qualche secondo si allontanò con inaspettata eleganza senza timore.
Ero a largo, i fondali in quella zona rimangono bassi per centinaia di metri. Pinneggiando al ritorno incontrai una delle sagome oscure che infestano la purezza di quelle acque. L’apneista con la fiocina. Sapevo che l’avrebbe vista. La visibilità era ottima. E non c’erano anse in cui potesse nascondersi. Il sale delle mie lacrime si mischiò a quello del Mare.
 
Dopo qualche decina di minuti l’apneista oscuro tornò a riva con Lei trafitta. La scaraventò ripetutamente sugli scogli ancora viva, cruenta usanza per rendere il polpo più morbido.
 
Ringrazio quel momento. Cambiò radicalmente la mia visione dell’esistenza. Sentii profondamente il cuore sanguinare, sentii rabbia immensa e percepii il dolore inflitto ad ogni essere senziente in ogni angolo della terra. Smisi di mangiare animali.
 
Ieri sera siamo stati deliziati dalle riprese artistiche di “My Octopus Teacher”. Un film documentario sul rapporto di amore tra un polpo ed un uomo che entrava in mare ogni giorno per incontrarlo.
Il mio polpo insegnante. Si.
 
Perché cerchiamo sempre risposte e soluzioni da grandi filosofie, saggi, esoteristi, e grandi scritti. Quando la vita stessa é maestra. In ogni sua manifestazione. Un polpo può essere un grande insegnante, se abbiamo l’umiltà di voler imparare. Imparare ad amare.
 
@Koufonissi Island ♢

Al mio cuore il pianto arrivacome una preghiera soave, un inno alla vita…

 
In serata approda un piccolo peschereccio al molo, orde di persone si accalcano. Discutono con veemenza con il capitano, grezzo, viscido ed arrogante uomo che impartisce ordini ai suoi ragazzi urlando.
 
Questi dalla stiva estraggono ciò che fino a poche ore prima erano meravigliosi esseri argentei e scintillanti, liberi nel Mare. Alcuni lunghi un metro altri arrivano a due. Potrebbero essere uomini. O bimbi.
 
Dopo essere appesi ad una bilancia a testa in giù, viene loro tagliata la testa, le pinne, la coda… mutilati per poi essere tagliati a pezzetti e compattati a piccoli brandelli in un grande sacchetto di plastica da pattumiera. Comprati per qualche decina di euro al kilogrammo. Una cinquantina di questi esseri meravigliosi vengono trasportati fuori dalla stiva e venduti a pezzi. Banconote in cambio di Vita.
 
Nella foga della rincorsa all’acquisto nessuno si accorge che si sta barattando sofferenza, libertà e vita. Nessuno riconosce il bagliore di vita che é stato privato a questi esseri meravigliosi ridotti in poche ore a prodotti di mercato. Nessuno vede trasparire dagli occhi fissi dei pesci l’espressione d’angoscia e dolore mai arresa alla morte. Nessuno vede gli istanti precedenti in cui quelle code si dibattevano violentemente in una tremenda lotta disperata e vana. Nessuno.
 
Attonito, allibito, il mio sguardo incredulo e sgranato continua ad osservare uomini, donne e ragazzi elettrizzati dinnanzi a questo macabro spettacolo… completamente miopi. Nessuno Vede. E nessuno sente. Le urla silenziose, doloranti dei pesce spada. Nessuno.
 
Si fa spazio una donna con in braccio una bimba incuriosita che dopo un breve sguardo ai pesci mutilati scoppia a piangere. Un pianto intriso di dolore spasmodico che non smette nonostante le rassicurazioni della madre. Urla profonde. Viene allontanata ed anche ad un centinaio di metri di distanza si sente ancora la voce disperata della piccola.
 
Al mio cuore il pianto arriva come una preghiera soave… un inno alla Vita, una melodia che celebra l’amore e la speranza. Questo Angelo biondo di 3 anni é l’unico a vedere. L’unico a sentire. La purezza dell’anima di una bimba urla incompresa, invischiata nell’inconsapevolezza degli adulti.
 
Inizio a sentire nausea… conati di vomito nell’assistere al silente massacro. Una breve camminata nel buio mi porta nella baia solitaria dove Pathos mi aspetta alla tenda. Infiniti attimi di coccole.
 
Affogo tantissimo cacao amaro e la tristezza in quattro tazze colme di latte vegetale dolcissimo. Mi sdraio amareggiato. Un sospiro liberatorio prima di chiudere gli occhi pensando all’Angelo biondo. C’é sempre speranza.
 
@Iraklia Island

Incrociando vie e destiniper offrire e ricevere preziosi doni…

Affiora da lontano la piccola sagoma della mia isola, riconosco il mio Mare.
 
Il vento aumenta, si formano piccole creste su cui volteggiano candidi gabbiani come eterei pensieri dell’atmosfera femminea, mentre il rollio del traghetto diviene sempre più deciso e ritmico.
 
Piccole isole tutt’intorno, disseminate di bianche pale eoliche e immacolate chiese solitarie sulle creste dei rilievi protese verso il Cielo.
 
Qui incontro i Viaggiatori. Non importa l’età, lo stato sociale o la lingua che parlano. Li accomuna la grazia interiore… non priva di dubbi, paure, e ferite tangibili, con cui conducono la Ricerca. Ognuno nel proprio sentiero. Unico ed irripetibile.
 
Riconoscendoci in un sorriso, in una movenza, in uno sguardo assorto verso l’orizzonte di mare che sembra assorbire tutta la Luce. Incrociando vie e destini per offrire e ricevere preziosi doni.
 
Gli occhi trasparenti come il cielo del giovane padre insegnante di Tai Chi ed architetto di Berlino mi osservano, dentro, mentre parlo. Dopo tante parole, un abbraccio. Maschio e forte, da fratelli. E poi Silenzio. Mentre il suo piccolo Angelo con capelli dorati, sogna a tre anni di nuotare con i Delfini che cerca con lo sguardo nel Blu. Alice.
 
Quanto più evolviamo interiormente tanto meno siamo preda dei tumultuosi giochi del fato. Iniziamo energeticamente ad interferire e compartecipare alla creazione delle varianti che il destino ci offrirà. Incontri, persone, luoghi, attività. Diventiamo Co-Creatori del nostro divenire. Noi ed il fato. In equa misura.
 
Creatori. Sempre e comunque umili ed in preghiera dinnanzi all’immenso mistero dell’Esistenza a cui ci é dato di partecipare.
 
@Donoussa Island ♢

Un abbraccio intenso, maschio, pulito, forte. Quello che quando accade tra gli uomini commuove…

Lembo di terra galleggiante disperso nel Mar Libico. Sbarco.
Mi incammino verso la spiaggia principale esposta a nord. Deserta. Cerco vita.
 
All’ombra della veranda di una vecchia casa di pescatori, una donna. Mi osserva, seduta assieme a due bimbe. Mi avvicino, la piú grande delle due piccole mi viene incontro porgendomi un sacchetto di albicocche essiccate, ne prendo una, é buona. La accarezzo e mi siedo accanto alla madre.
Contempliamo qualche minuto la baia solitaria in silenzio. Per ascoltarci, forse.
É israeliana. Ha gli occhi verdissimi come lo smeraldo. Il compagno é un professore ed ogni sette anni ha diritto ad un anno di ferie pagate a metà, hanno messo la loro abitazione in affitto e per un anno viaggeranno. Questa é educazione vera ed essenziale per i tuoi figli, la vita, la strada, il mondo, le dico. Sorride. Ha altri due figli maschi che ora sono in mare a pescare col padre.
 
Continuo a camminare ascoltando il vuoto che l’isola rilascia… non riesco a percepirla. A ridosso della spiaggia vedo una giovane ragazza minuta, poco più che ventenne, con uno zaino enorme. Mi avvicino. É svizzera, mi dice che non sa dove montare la tenda, le indico un posto riparato dal vento e poco umido. Sollevo lo zaino, é pesantissimo, chiedo se non é eccessivo il peso per lei. Mi guarda diritto negli occhi dicendomi che é la prima volta che fa campeggio libero e la prima volta che viaggia sola, picchiandosi il pugno della mano destra due volte sul cuore, dice che é una sfida per lei. Ricambio lo sguardo con la stessa intensità. Montata la tenda, prima che mi allontani, mi confida che teme un pò il buio.
 
La sera, dopo aver montato la mia di tenda in un promontorio isolato e ventilato dalla parte opposta dell’isola, torno nella spiaggia principale, sento di dover rassicurare la ragazza. Buio, c’é la tenda ma non lei. Musica di sottofondo arriva da dietro una duna dall’unica taverna aperta. C’é una festa con poche decine di persone, lei é li che danza musiche popolari assieme a gente locale, vino, violini, e battiti di mani. Quanta semplicità. Quanta bellezza.
 
Ritornando tra le dune, vedo due sagome sdraiate ed abbracciate vicino ad un faló ardente e tre piccole tende. Sono i genitori israeliani, mi offrono un bicchiere di vino, vengo accolto nel calore familiare. Ne ho bisogno. Contemplo per infiniti attimi i loro quattro figli che giocano spensierati, illuminati dal bagliore pulsante del fuoco.
 
Mi addormento a notte inoltrata pensando alla forza fisica ed al coraggio della giovane ragazza… immerso nella sinfonia di cicale sullo sfondo di una stellata esuberante.
 
La mattina seguente una lunga camminata mi porta in un piccolo deserto di sabbia ocra che si riversa in una baia iperventilata. Mi incammino verso l’unica sagoma che vedo. Un ragazzo osserva il mare seduto su una duna. É assorto, presente a se stesso, i lineamenti del volto morbidi e gentili, come il suo sguardo. É greco, si é fatto portare da una barca con dei viveri e starà qui solo per due settimane. Gli dico che dai suoi occhi traspare amore per questo luogo e che sembra essere in perenne meditazione contemplando il mare. Non comprende il senso di cosa stia dicendo, continua a parlarmi in modo gentile ed ipnotizzante, ed a muoversi lentamente, sincrono al respiro del mare, assorto nell’atmosfera magica della baia.
 
Nel sentiero del ritorno incrocio una ragazza mulatta, i tratti somatici sfumano da quelli caucasici a quelli africani. É robusta, forte. Impugna nella mano destra un bastone con cui cammina. Dice di ricordarsi di avermi visto sul traghetto, vive a Londra dove lavora nel marketing, é nata in Sud Africa. Alloggia in una delle poche locande dell’isola e durante il giorno la esplora a piedi. Devo compensare l’esubero di civiltà e tecnologia con viaggi solitari immersa nella natura, ho le radici africane dice, legate alla terra. Cosí dicendo stringe con forza il suo bastone. Percepisco l’energia terrena ancestrale che abita in lei. Mi indica un sentiero più breve per il ritorno.
 
Al tramonto, una piccola macchina rossa completamente impolverata mi sta per venire addosso. Dalla portiera esce una meravigliosa donna con il volto tracciato dall’età, grigi capelli, ma il bagliore degli occhi azzurri da ragazzina, come i jeans con i risvolti che porta. Sentiamo affinità, parliamo in mezzo all’unica strada polverosa e deserta. É tedesca, decenni fa un evento drammatico portò alla morte della sua amica e compagna di viaggi, a pochi metri da lei. Ho impiegato ventidue anni per trovare la forza di ripercorrere questo viaggio… viaggio anche dentro me, mi dice. Chiede se la accompagno a vedere la casa dove soggiornava con l’amica. Emana luminosità, candore. Una bimba curiosa alla scoperta del mondo. Ha sessantacinque anni. Potrei innamorarmi di una donna cosí.
 
Al risveglio del nuovo giorno mi é dato di poter assistere, e partecipare, al sorgere del sole che filtra i propri raggi su nuvole bianchissime animando luci che si infiltrano tra i rami dell’ulivo che mi accoglie… mentre il boato delle onde diventa sempre piu forte ed il vento cambia direzione. Ringrazio.
 
In mattinata intento ad osservare il piccolo porto privo di barche di pescatori, di cura e bellezza che caratterizzano di solito tutte le piccole isole, vengo avvicinato da un bel ragazzo alto con il fisico da nuotatore. Ha occhi luminosi, sgranati, fragili. Mi chiede delle informazioni sulle pinne da apnea ed altri dettagli… mi sta in realtà chiedendo altro.
Ha ventitré anni che non dimostra per la stazza fisica, l’aspetto virile, e la profondità d’animo,
madre inglese, papà romano. Ha una compagna con due figli avuti dal precedente matrimonio in Scozia. É in profonda crisi con lei per la libertà sessuale che questa pretende e che lui, anima pura, si sforza di dare distruggendo la propria integrità. Parliamo tutta la mattinata. Ci salutiamo con un abbraccio intenso, maschio, pulito, forte, quello che quando accade tra gli uomini commuove. Mi ringrazia per il supporto, io lo ringrazio per l’immensa freschezza e spontaneità che mi ha donato. Lo accompagno su un promontorio dell’isola che ama, si incammina verso l’orizzonte ventoso del mare con le braccia aperte ed occhi nuovi.
 
Nel tardo pomeriggio su uno scoglio poco lontano dal porticciolo vedo una ragazza, é assorta nella lettura, capelli, sabbia e pagine al vento. Leggo da lontano sulla copertina Keruac. Mi avvicino e le chiedo se sta leggendo On the road. Si toglie le cuffie e annuisce. Parliamo per ore osservando l’infrangersi delle onde sugli scogli. É francese, trentacinque anni, sta cercando l’ispirazione per concludere la composizione di un opera teatrale a cui ha dedicato 5 anni della sua vita. É intelligente, sensibile, creativa, folle. Estrae dal portafogli il biglietto da visita della sua compagnia teatrale, scorgo un accendino. Le chiedo se fuma. Solo marijuana tre quattro volte al giorno. Le dico che sarebbe bello e virtuoso potesse scegliere lei di fumare saltuariamente, una volta al mese, all’anno o non farlo proprio. Libera di scegliere. Annuisce mi dice che tutti hanno delle dipendenze e le esprimono in modalità differenti. Le dico che non ha bisogno di stimoli esterni, che é gíà immensamente creativa. Mi risponde che é veleno anche l’aria che respiriamo in città. Le dico, sorridendo, che é una cogliona. Si rimette immediatamente le cuffie e va verso la spiaggia ballando. Geniale. La seguo. Balliamo fino al tramonto la musica del mare. Senza fumare.
 
Terza notte. Mi addormento con la tenda aperta, inebriato dall’aria fresca che viene dal mare, la sinfonia ciclica e potente delle onde ed un braccio disteso su Pathos, mio angelo, sdraiato accanto a me. Mi sento protetto. Ricco. Sereno. E innocente come un bimbo.
 
@Gavdos Island

Continua a smarrire lo sguardo, nel vuotodinnanzi a se…

Squarci d’azzurro irrompono nel cielo plumbeo tormentato dal maestrale, il calore del sole torna a baciare i volti sorridenti, l’atmosfera si fa più gentile.
 
Camminando sul litorale ovest dell’isola intravvedo una sagoma a ridosso della spiaggia volta verso il mare. Jeans lisi dal tempo, il maglione rosso sfilacciato a maglie larghe, corporatura robusta, barba grigia e folta che incornicia occhi languidi e trasparenti assorti nell’orizzonte.
 
Accarezza Pathos mentre continua a smarrire lo sguardo nel vuoto dinnanzi a se. É uno psicoterapeuta polacco, emana un’energia paterna e rassicurante. Mi siedo accanto. Poche parole, sentite, inondati dal Silenzio.
 
Gli chiedo qual’é il problema psichico da cui sono afflitte la maggior parte delle persone. Dopo una profonda riflessione, continuando a contemplare l’orizzonte, mi dice che l’emozione più profonda da cui vengono dominati gli esseri umani é la Paura.
 
Restiamo immersi nel vento e nella sinfonia ciclica delle onde fino al tramonto.
 
Mi sollevo per incamminarmi verso la tenda, un cenno gentile del volto per salutarlo. Mi accovaccio nuovamente e chiedo qual’è la terapia più potente ed efficace contro la Paura. Dopo pochi secondi di silenzio entrambi pronunciamo la stessa parola nello stesso istante. L’Amore.
 
@Favignana Island ♢

Colori non gentili, drammaticamente affascinanti…

Oltre ai deliziosi colori pastello mai uguali che punteggiano il piccolo abitato pulito ed estremamente curato… distese di terra bruciate arse al sole, affascinanti, silenti e scure.

Scure come i sinuosi ed austeri fondali di pietra lavica che precipitano centinaia di metri negli abissi dando forma a geometrie che evocano mitologiche città sommerse.

La frequenza Blu di cui la mia essenza é solita nutrirsi é completamente assente. Non mi appartiene questo Mare, ed io non appartengo a Lui. Eppure questo piccolo lembo di terra isolato nel profondo mediterraneo suscita interesse estremo… colori non gentili, drammaticamente affascinanti.

Notte fonda. Nero. Buio totale. L’immensa volta celeste colma di stelle. Precipito in un sonno profondo sdraiato a terra in una foresta di pietre laviche che, immobili, paiono essere eternamente tormentate, energia congelata in pochi istanti… a ridosso di scogliere selvagge a nord dove nidificano decine di migliaia di Berte.

Uccelli che di giorno volano fino alle coste africane per pescare pesce fresco che riportano al tramonto ai cuccioli protetti nei nidi. Durante la notte emettono canti armoniosi, il suono dei maschi ricorda la voce dei neonati umani, quello delle femmine ha tonalità più gravi.

Un istante prima di addormentarmi attorniato da cuccioli di Berta con sguardi stupiti, inermi ed indifesi a pochi metri da me, immerso in frequenze armoniche ed ipnotizzanti emesse da migliaia di adulti che volteggiano elegantemente nel cielo, cullato dal canto di questa ciclica ed eterna ninna nanna… ho percepito interiormente una verità suprema:
il Pianeta Terra è il Paradiso Terrestre.

@Linosa Island ♢

Lo sforzo della mia discesaverso acque profonde…

Mi immergo per smarrire la mia piccola dimensione umana nella vastità del Mare. Sentire fluttuare libera l’Essenza, espandersi e dissolversi nell’unica reale dimora, Madre Natura.
 
Estasiata dalla purezza delle acque la mia coscienza cristallina diviene improvvisamente torbida… risalgo in superficie incrociando a distanza un’oscura sagoma che culmina con una fiocina appuntita e lunga quanto basta per gonfiare l’ego del piccolo uomo che la brandisce.
 
Dove i miei occhi si nutrono con sacralità dell’infinita bellezza delle forme viventi sottomarine, il cacciatore di mare osserva attentamente la vita per ucciderla.
 
Dove lo sforzo della mia discesa verso acque profonde è una preghiera per essere accolto nel Blu, i pochi metri di profondità raggiunti dall’uomo inconsapevole per infilzare innocenti sono una bestemmia.
 
Dove le mie mani accarezzano i tentacoli di un polpo timido e spaventato, le braccia del cacciatore lo scaraventano ripetutamente con violenza sulla roccia.
 
Dove la mia bocca bacia una stella marina sentendone la ruvida pelle salata dai vividi colori infuocati, le labbra unte e fameliche del cacciatore di mare ingurgitano con orgoglio brandelli di pesce sulla tavola.
 
Che possa un giorno la luce oscurata del tuo cuore farti vedere la divinità insita in un corpo che ora giace immobile su un piatto e farti percepire il dolore arrecato a queste creature pure ed innocenti.
 
@Amorgos Island ♢

Quante tempestedovrà ancora attraversare la nostra anima…

A volte, dolore e tragedia possono essere semi da cui può fiorire immensa Bellezza.

In una nottata senza luna una motonave salpata dalla Turchia trasporta sigarette di contrabbando, tallonata dalla guardia costiera decide col mare in tempesta di nascondersi in una profonda baia protetta da candide e verticalissime falesia color avorio. É una zona di secca, l’imbarcazione si arena inesorabilmente.

Per decenni il perpetuo fluttuare incessante delle onde, delle correnti, della risacca… e del soffio divino sul relitto, formano una spiaggia bianca, pura ed illibata.

Quante tempeste e naufragi dovrà ancora attraversare la nostra anima prima di giungere in acque sicure? …forse sono proprio le intemperie dell’esistenza lontane dai territori conosciuti della nostra anima che più ci nutrono e che ci donano poi la quiete meditativa nelle calme acque del porto.

@Zacinto Island ♢

Pin It